#pensieri
- amandamariaamb
- 26 set 2024
- Tempo di lettura: 2 min
Alla fine dell’anno 2011 vagavo senza scopo su facebook quando qualcuno mi inserì in un gruppo di poesia online. Quel gruppo era il nucleo da cui sarebbe nato l’Inedito che ancora non aveva questo nome. Rimasi folgorata, la mia esperienza fu simile a una conversione scaturita dal potere dei versi. Poco importava se quelli che leggevo erano belli o meno. Quello che mi colpì dall’inizio, come se non me ne fossi accorta prima di allora, fu il potere immenso della musica, delle immagini e del ritmo della lingua, in questo caso della lingua italiana condensata in poche parole. Attraversavo un periodo fitto di problemi personali ma volevo partecipare anch’io a quella epifania, io che mai mi sarei ritenuta capace di scrivere alcun verso, e che non l’avevo fatto mai prima, anche se ogni tanto sfogliavo qualche libro e li leggevo lì. La mia era una urgenza di parlare, di sciogliere il nodo che mi si era incastrato nella gola, fatto di mattasse di parole aggrovigliate che premevano, l’una sull’altra, per uscire.
Per farmi capire cominciai a scrivere versi anch’io, in italiano, invece che nella mia lingua materna, furono decine in pochi mesi. Come scrissi già sulla mia presentazione di “Senza trucchi né ritocchi”: “scopre la poesia come veicolo che permette, come nessun’altro genere, esternare emozioni, disagi e speranze nascoste”. Il fatto di scrivere quelle poesie in italiano, invece che nella mia lingua materna, fu assai criticato, ma risposi che questi sono i misteri della creatività personale.
Quello che è importante è che dopo questo esordio sono finalmente diventata una scrittrice, di romanzi ovviamente, scritti in una prosa delle volte poetica, altre più spigolosa. Lo ero già senza saperlo, perché essere poeta è un modo di vivere e di vedere il mondo. Se non fosse stato grazie alla poesia, non avrei conosciuto la mia vera natura.

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